Vorrei tornare su un argomento già affrontato altre volte nei post archiviati nella categoria “ecologia e ambiente”: riciclare o riutilizzare.

A proposito di riciclo, ricordo un libro che lessi anni fa e che già in quell’occasione mi sbalordì. Il libro è “La civiltà etrusca”, un’opera di un famoso pubbblicista scientifico tedesco, Werner Keller, tra l’altro autore di un altro interessantissimo lavoro: “La Bibbia aveva ragione”. Tra le svariate e ingegnose attività di questa civiltà, che il Keller colloca tra le più significative per il futuro svilluppo delle moderne civiltà  occidentali, ci fu, quella che lui chiama -La grande Industria degli etruschi-.

A Pumpluna, odierna Populonia, unica città etrusca lungo la costa, esattamente di fronte all’isola d’Elba,  già lo storico romano Strabone, salendo sopra la città, aveva notato i resti delle officine dove si lavorava il ferro. Circa 2300 anni dopo,  alcuni archeologi, attirati dal color ruggine scuro della terra di quel luogo, decisero di scavare, scoprendo, uno strato di scorie di ferro alto quanto una casa. Frammiste a resti di ceramica, queste scorie testimoniavano l’esistenza, di epoca preromana, di un vero e proprio centro siderurgico.

Ciò che mi sbalordì, fu il sapere che allo scoppio della Grande Guerra,

quando il governo italiano si trovava in un momento critico per la mancava il ferro, la decisione di sfruttare i campi di scorie ferrose di Populonia, contribuì notevolmente alla soluzione del problema. Così gli scarti degli impresari etruschi della protostoria, servirono ora a un’industria moderna. Con la fusione di esse si realizzarono cannoni, granate e pallottole per i soldati italiani.

Il successo di questa impresa suggerì di continuare, anche dopo la guerra, lo sfruttamento di quei luoghi. Così le tenaglie di potenti scavatrici, penetrando profondamente  quei preziosi resti, portarono alla luce tombe gigantesche, evidentemente sprofondate sotto l’enorme peso delle scorie. Nelle tombe vennero ritrovati, oltre a suppelletili di uso quotidiano, articoli di vestiario, spirali, orecchini, fibbie ed articoli d’importazione, che testimoniavano l’alto grado di sviluppo di quella civiltà quasi completamente dimenticata.

Di fronte a questo straordinario caso di riciclo, c’è da chiedersi quanti alberi gli etruschi e i loro ricchi clienti, abbiano abbattuto per fondere il prezioso metallo ricavandone ciò che gli abbisognava. Inoltre, chissà se a qualcuno è venuto in mente non solo di abbattere intere foreste, ma di ripiantumarle, non fosse altro per la comodità di non allontanare troppo i luoghi dove sorgevano le fonderie da quelli per l’approvvigionamento dell’altrettanto prezioso legno.

Forse, già allora, come fino ai tempi più recenti, valutando la soluzione economicamente più vantaggiosa ed immediata, si sceglieva di ricostruire le fonderie vicino a nuove foreste da abbattere.